Farina,
amido di mais, grano, olio di girasole, cereali: ecco i nuovi ‘ingradienti’ per
un materiale amico della natura. Questo è la bioplastica nata per venire
incontro sia alle necessità della vita quotidiana che a quelle della nostra
terra che ormai incomincia a fare fatica a venire incontro alle nostre
abitudini un po’ troppo ‘ingombranti’ soprattutto per quanto riguarda i
rifiuti.
Fino
a qualche tempo fa i bicchieri, le posate, le shoppers erano principalmente
realizzate in polietilene o polipropilene che sono materie che vengono principalmente
ricavate dal petrolio e che hanno un tempo di compostaggio di 1000 anni. La
bioplastica che lentamente sta andando a sostituire queste sostanze, invece, ha
un tempo di compostaggio di qualche mese e, anche se lasciata sul terreno, non
impedisce il suo naturale ciclo biologico (la plastica normale, invece, rende
sterile il terreno sul quale si deposita).
I
vantaggi dell’ecoplastica sono molti: biodegradabilità e decomposizione in
tempo breve, assenza quasi totale di fumi tossici nel caso dello smaltimento
con l’inceneritore, versatilità di utilizzo (per quanto riguarda i sacchetti
bio, ad esempio, questi servono per portare la spesa, gettare il rifiuto umido,
conservare alimenti anche freschi come frutta e verdura) e riduzione degli
oneri legati alla gestione dei rifiuti.
I
lati negativi sono principalmente legati alla riduzione di materiale edibile
che potrebbe essere diversamente impiegato (l’elemento base per la bioplastica
è infatti il mais che potrebbe risolvere molti problemi soprattutto nel terzo
mondo). C’è però da dire che la quanitità di mais che potrebbe essere impiegato
in futuro, anche nelle più rosee previsioni, non superererebbe il 0.04% della
produzione mondiale in un anno, il che di certo non può essere reputato un dato
rilevante ai fini di una risoluzione di problemi che sono anche legati a motivi
politici ed economici e non solo di malnutrizione.